Triglia maggiore di scoglio, Dominazioni siciliane, dal De Coquinaria di Apicio

 

Quando, come dice Giovenale, il poeta satirico, una triglia di due chili e settecento grammi (sei libbre) poteva costare fino a seimila sesterzi e aggiungeva che con quella cifra si sarebbe forse potuto comprare il pescatore, Apicio scriveva il suo De Coquinaria ed era pronto a spenderne cinquemila sempre per una triglia, anche più piccola. Io, per il menu Dominazioni, ho reso omaggio al nobile pescetto e a quel cuoco. La bontà della triglia cancella da sola il ricordo che abbiamo dei romani in Sicilia.
Sono partito da una salsa, ottenuta estraendo il succo del pesce, la sua quintessenza, aggiungendo sedano selvatico, olio, un po’ di colatura di alici per ricordare il famoso garum, e ingrassandola con un po’ di farina tumilìa, ricca d’amido.
Per la divina ho pensato a un cuscino di porri selvatici, preferendo cuocerla sul barbecue anziché in pentola. La nota speziata e dolce, amata dai commensali di Apicio, la danno i semi di coriandolo e il vino passito.
Infine, ho giocato con le forme, suggerendo nel piatto un simbolico movimento circolare di corpi e sapori. (foto di Riccardo Melillo e Benedetto Tarantino)

Ciccio Sultano
mente pratica